Negli Stati Uniti, il confine tra democrazia e autoritarismo si fa ogni giorno più sottile. A confermarlo, l’episodio recente avvenuto il 12 giugno 2025, quando il senatore democratico Alex Padilla è stato ammanettato e steso a terra dalla polizia durante una conferenza stampa pubblica della ministra per la Sicurezza interna, Kristi Noem (leggi qui la notizia completa sul sito Ansa).
Padilla stava manifestando in modo pacifico, insieme ad altri cittadini, per denunciare la linea repressiva adottata nei confronti dei migranti e la politica securitaria dell’attuale governo. Le immagini hanno fatto il giro del mondo: un senatore degli Stati Uniti trattato come un delinquente comune, solo per aver esercitato il proprio diritto alla protesta.
La visione autoritaria dell’America di Trump
Con il ritorno di Donald Trump, presidente degli Stati Uniti al suo secondo mandato, è tornata anche la visione muscolare, divisiva e autoritaria che aveva contrassegnato il suo primo periodo alla Casa Bianca.
Trump, fin dalla campagna elettorale, ha imposto una narrazione tossica, dove chi protesta è un nemico, chi dissente è un traditore, dove la forza pubblica viene usata per reprimere il dissenso, non certamente per garantire i diritti.
L’arresto del senatore Padilla non è un incidente isolato. Basti pensare alla posizione di Trump sull’immigrazione, sulla conquista imperiale dei territori (dal Canada alla Groenlandia); oppure allo sbeffeggiamento del presidente ucraino Zelensky in diretta mondiale e all’idea vomitevole di fare della Palestina un villaggio turistico.
Quanto accaduto al senatore democratico è quindi un atto coerente con una strategia politica che mina le basi dello Stato di diritto nazionale e internazionale. Una strategia in cui la legalità è piegata al potere e la democrazia rimane un concetto astratto, buono solo per i comizi.
La destra italiana guarda agli Stati Uniti come a un modello
Quello che accade oggi negli Stati Uniti non ci deve interessare solo per ragioni geopolitiche. Ci deve interessare perché una parte della destra italiana guarda a quel modello come punto di riferimento. Un modello che esalta l’uomo forte, marginalizza le minoranze, colpisce la stampa, aggredisce i magistrati indipendenti e diffonde sfiducia verso ogni forma di controllo democratico.
Non è un caso se alcuni dirigenti della destra italiana parlano di pieni poteri, di riforma della giustizia in senso punitivo, di silenziare le fake news in rete (salvando quelle dalla loro parte). Sono eco di un trumpismo adattato al contesto italiano, più sottile ma, forse proprio per questo, più pericoloso.
Difendere ogni giorno le istituzioni, senza cedere all’abitudine
Ecco perché non possiamo limitarci all’indignazione. Serve un impegno quotidiano per difendere la democrazia, in ogni sede: nei parlamenti, nelle scuole, sui social, nei tribunali e negli spazi pubblici, ciascuno di noi secondo il proprio ruolo.
Serve presidiare le istituzioni, con competenza e coraggio, per impedire che vengano svuotate dall’interno.
La democrazia non muore con un colpo di Stato. Muore lentamente, quando normalizziamo la repressione, quando tolleriamo la violenza sulle idee, quando ridiamo di chi protesta.
Quello che è accaduto ad Alex Padilla è un segnale preciso: gli Stati Uniti non sono più una democrazia piena. Ma questo non è solo un problema americano. È una lezione che dobbiamo imparare. Prima che sia troppo tardi.
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