Premessa: imparare a usare i social è di vitale importanza. Per non finire nella loro trappola; per esserne utenti consapevoli.
Il post che stai leggendo l’ho scritto già da qualche settimana. Ero indeciso se pubblicarlo o meno. Poi ho cominciato a leggere sempre più spesso articoli, blog e newsletter intrise del disagio nei confronti dei social da parte di giornalisti e scrittori; ma anche di gente comune la cui notorietà deve molto a questi strumenti.
A quel punto non ho avuto più dubbi sull’opportunità o meno di pubblicare quanto stai leggendo, sulla sua reale necessità per i miei lettori: dobbiamo fare tutti la nostra parte per rendere i social un posto migliore.
Con i social dobbiamo farci i conti, non possiamo fingere che non esistano. Ma dobbiamo imparare a usarli bene, e non farci usare da loro. Eventualmente fallissimo su questo punto, meglio abbandonarli al loro destino, magari ritornando ai blog.
Ho sempre avuto un rapporto di amore-odio con i social. Personalmente sono sempre più insofferente alla gente che li popola. Insofferente a chi pensa di avere la verità in tasca e sente di dover dire la sua su qualsiasi argomento senza, nella stragrande maggioranza dei casi, saperne un piffero dell’argomento stesso ma per il solo gusto di accaparrarsi un briciolo di notorietà.
Leoni, saputelli da tastiera, invidiosi dei successi altrui sono ormai all’ordine del giorno. Un tempo li avrei contestati post per post, commento per commento. Oggi semplicemente li ignoro perché “a lavare la testa all’asino“, mi hanno insegnato alle elementari, “si perde l’acqua e il sapone“.
Ma vi è di più. Molto di più.
Gli argomenti di cui discutiamo ogni giorno sui social, in famiglia o al lavoro tra colleghi, sono davvero quelli che ci interessano? Si tratta davvero di fatti ed eventi che hanno un impatto concreto nella nostra vita? Li possiamo definire davvero come nostre priorità?
E se invece fosse solo una determinata scelta politica o dei mass media a portarci su precisi “terreni di scontro“?
Riflettiamoci.
Prima di dedicare ulteriore tempo a scrollare chilometriche pagine social e ad appassionarci al prossimo post – tanto da provare un irrefrenabile desiderio di commentare – chiediamoci se l’argomento del post che appare sotto i nostri occhi non sia un caso ma sia stato piuttosto buttato lì, nella mischia, per farci discutere.
Il più delle volte del nulla. O, perlomeno, di nulla che possa minimamente interessare o impattare sulla nostra vita quotidiana.
Quale soluzione a tutto questo?
Nell’era dell’intelligenza artificiale, noi dobbiamo restare intelligenza umana! E, in quanto tale, abbiamo gli strumenti e le carte in regola per reagire a tutto questo.
Anziché cancellare i profili social – ipotesi su cui molti di noi cominciano a riflettere con insistenza – e rinunciare però a certe indiscutibili opportunità di scoprire e condividere bellezza – oltre che lasciare campo libero ai loschi individui che passano da lì – è importante selezionare, decidere, scegliere argomenti, pagine e profili a cui dedicare il nostro tempo prezioso (sì, ce ne sono tanti, basta saper cercare…). E imparare a sfruttare gli strumenti che aiutano a ridurre le pubblicità, eccessive e spesso lontane dai nostri interessi reali.
Brain Rot
Trovo sia FONDAMENTALE, più di tutto, evitare di cadere nella trappola dello scrolling continuo. È questo ciò che vogliono i social ed è questo che ci sta rendendo incapaci di prestare attenzione a testi lunghi o complessi o a sopportare pazientemente la coda in cassa o in macchina.
Il mondo va veloce ma non dobbiamo trascinare nel vortice la nostra vita, ricca e meritevole di attività, emozioni e persone che richiedono lentezza e attenzione.
Non sarò mai contrario ai social e alla tecnologia in genere, ai suoi vantaggi, allo sviluppo innegabile che offre quotidianamente al mio lavoro. È innegabile, tuttavia, che il suo uso eccessivo e distorto sta provocando danni che rischiano di diventare irreparabili. Dobbiamo prenderne coscienza. Per noi ma, ancor di più, per i nostri figli.
Hai mai sentito parlare di brain rot?
Per approfondire l’argomento è utile la lettura di questo articolo pubblicato su Focus: “Brain rot”, la parola dell’anno secondo Oxford Dictionary è “putrefazione del cervello” (causata dai contenuti online)
Eccone un breve estratto:
Uno degli studi scientifici più recenti sul tema, pubblicato su National library of Medicine, ha dimostrato come Internet possa produrre alterazioni acute e permanenti nella cognizione relativa all’attenzione e alla memoria. Elementi che possono riflettersi nei cambiamenti nella materia grigia del cervello.
Lo scrolling ripetuto può avere un effetto negativo sulle facoltà mentali degli individui interrompendo la capacità del cervello di codificare e conservare le informazioni. Inoltre, la sovrastimolazione costante può portare a una ridotta capacità di attenzione.
Minimalismo digitale
Grazie a una newsletter (raggiungibile qui), scritta da Eleonora Caruso e che consiglio di leggere a tutti coloro che sono interessati a questi temi – e che condividono il mio tormento – ho scoperto che esiste addirittura una filosofia di vita: il minimalismo digitale.
Chi sono i minimalisti digitali?
Non si tratta di rifiutare la tecnologia. Si tratta di rivendicare il proprio potere su di essa.
Il minimalismo digitale non è un rifiuto dell’innovazione o un nostalgico ritorno a un’epoca più semplice. È un approccio deliberato e intenzionale all’uso personale della tecnologia, focalizzato sulla massimizzazione dei benefici che contano per te, minimizzando al contempo i costi per la tua attenzione, il tuo benessere e la tua capacità di vivere profondamente.
Per raggiungere questi obiettivi è stato addirittura redatto un Manifesto. Si citano inoltre quelle che vengono definite come “esperienze rivoluzionarie“:
Ricerche e prove aneddotiche indicano una connessione tra la protezione dell’attenzione e progressi significativi:
JK Rowling ha completato l’ultimo libro di Harry Potter in un hotel senza connessione internet
Bill Gates trascorre due volte l’anno “settimane di riflessione” in una baita isolata e senza tecnologia
Lin-Manuel Miranda ha concepito l’idea per “Hamilton” durante una rara vacanza lontano dalle distrazioni digitali
Puoi leggere l’articolo completo, in lingua inglese, qui.
Cosa ne pensi? Personalmente ho deciso di aderire, seduta stante, a questa filosofia; ne condivido in pieno valori e obiettivi. Ho già iniziato ad adeguare i miei canali social e l’uso della tecnologia ai principi del Manifesto.
Ma chi lavora con i contenuti online?
Per coloro che lavorano con la produzione di contenuti online c’è più di qualche consiglio utile in un numero della newsletter di Eleonora Caruso (link qui); tra questi consigli quello che mi pare più ovvio è che non sia necessario essere SEMPRE presente, H24, sui social, come non lo saremmo in qualsiasi altro lavoro.
Per quanto mi riguarda, aggiungo che non c’è niente di più facile, per chi lavora coi contenuti online, che (ri)aprire blog e newsletter. Ritornare quindi a un modo più sano – ma decisamente più umano – di costruire community; un modo forse più difficile e tortuoso, come tutto ciò che è umano. Ti invito però a riflettere che proprio grazie a immense difficoltà è stata possibile una cosa “piccola piccola” (detto con ironia…) che si chiama evoluzione umana!
Nelle difficoltà si cresce
Chi l’ha detto che bisogna per forza affidarsi alle comodità? Non sono forse i risultati ottenuti nelle difficoltà e superando gli ostacoli quelli che poi sanno regalare anche le più grandi soddisfazioni? Non è forse l’aver affrontato, e superato, quegli ostacoli da bambini ad averci reso le persone adulte che siamo diventate oggi?
Ma c’è anche una conseguenza concreta e positiva nell’abbracciare certi ostacoli che la riduzione dell’uso dei social inevitabilmente ci porrà di fronte: tutto ciò che affidiamo a piattaforme di cui non siamo proprietari esce per sempre dal nostro controllo.
Il giorno in cui Facebook, Instagram, Tik Tok o altre piattaforme non avessero più un ritorno economico ritenuto congruo, cambierebbero algoritmo o potrebbero anche decidere di chiudere per sempre, portandosi via con sé anche i nostri contenuti.
Tutto questo non potrebbe mai accadere con blog e newsletter di cui abbiamo il pieno controllo.
È per questo che da oggi, sui miei profili social leggerai solo ciò che potrai trovare anche sul mio blog o nelle mie newsletter. Sono consapevole che un uso limitato da parte mia di quelle piattaforme suggerirà all’algoritmo di non diffondere troppo, tra i miei contatti, i contenuti che condivido; ma sono convinto, anche, di aver trovato la strada migliore che io possa percorrere. Per me e per la mia famiglia. Per tutelare il futuro di mio figlio.
La strada migliore per usare i social ma senza farmi (più) usare da loro.
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